Il terreno nella quasi totalità dei vigneti della Valtellina è principalmente sabbioso, formatosi dallo sfaldamento delle rocce granitiche durante il periodo del ritiro dei ghiacciai che coprivano tutta la Valtellina.

Dunque un terreno molto permeabile, adatto alla coltivazione della vite. Non vi è mai ristagno d’acqua e, pur essendo ammessa per disciplinare l’irrigazione di soccorso, è raro che in Valtellina la vite vada in stress idrico perché le radici, soprattutto della chiavennasca si incuneano fra la roccia anche per 5/6 metri di profondità trovando sempre il quantitativo di acqua necessario per la sopravvivenza anche nei periodi più siccitosi.

La coltivazione della vite sui terrazzamenti è nata col sistema a ritocchino piantando le viti da Nord a Sud sulla linea di massima pendenza. Con questo sistema siamo andati avanti sino al 1980, quando in una tenuta di 13 Ettari, il proprietario decise di espiantare tutto e cambiare il sistema di coltivazione della vite da ritocchino a giro poggio che consiste nel creare  dei ciglioni pianeggianti ai bordi dei quali si piantano le viti.

Tutto questo nacque dopo aver studiato per anni ad una soluzione di come fare a diminuire il costo di lavorazione della vite introducendo un minimo di meccanizzazione. E negli anni ottanta, grazie a questo sistema a giro poggio ci si riuscì,  portando le ore lavorative annue/ettaro  da 1.600 ore a 900/1000 ore. In contemporanea a ciò, avvenne anche un attento studio di selezione clonale: si partì da circa 100 cloni diversi di chiavennasca, da questi se ne selezionarono 5 per poi arrivare a 3 che vennero messi a dimora nel nuovo impianto. Da allora tutti i nuovi impianti (dove si può fare) vengono riconvertiti da ritocchino a giro poggio.

Il sistema di coltivazione in linea di massima è il Guyot. Nei vecchi impianti a ritocchino si usa il Guyot modificato ad archetto che consiste nel piegare il tralcio e farlo ritornare verso la pianta sul filo più basso. Nei vecchi impianti a ritocchino però non si riescono a superare le 2500/3000 piante/ettaro. Il nuovo disciplinare prevede  per i nuovi impianti un minimo di 4.000 piante per ettaro e nel sistema a giro poggio si può arrivare, volendo, anche a 5.000.

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